Circa il 98.5% del genoma umano è composto di sequenze non codificanti. Tale porzione comprende anzitutto le regioni introniche (circa il 26% dell'intero genoma) e quelle poste come separazione tra geni contigui: questi due tipi di sequenza derivano probabilmente da artefatti evolutivi e non sembrano avere oggi alcun tipo di utilità. Rimane pur vero che la rimozione degli introni di un gene produce il non funzionamento del trascritto esattamente come se ad essere rimossa fosse una regione codificante. Un esperimento di questo tipo è stato svolto in una specie di pianta: il danneggiamento di una regione intronica ha prodotto un cambiamento notevole nella struttura della foglia, dovuto alla scorretta trascrizione e traduzione delle sue proteine strutturali. Anche considerando gli introni come afferenti al DNA codificante, tuttavia, la percentuale di DNA che sembra non utilizzato rimane molto alta (intorno al 72.5%). Al suo interno, una parte preponderante è costituita da elementi ripetuti (o DNA ripetitivo), privi di funzione, spesso utilizzati dai genetisti per svolgere analisi filogenetiche. La frazione restante è quella che in passato è stata liquidata come DNA spazzatura, in quanto priva di alcuna funzione nota ed impossibile da classificare in alcun modo. È molto probabile, tuttavia, che tutto questo DNA non codificante abbia un qualche ruolo. Ciò spiegherebbe la sua preponderanza nel genoma. Alcune sequenze non codificanti, infatti, presentano un'altissima conservazione tra numerose specie, alcune filogeneticamente molto lontane. Recenti esperimenti hanno infatti evidenziato che il DNA non codificante potrebbe avere diverse funzioni, molto diverse dalla semplice trascrizione e traduzione. Occorre precisare che la dimensione del genoma, e quindi anche la quantità di porzioni non codificanti, sono poco correlati alla complessità dell'organismo: il genoma di Amoeba dubia, una ameba unicellulare, ha più di 200 volte la quantità di DNA rilevata nel genoma umano; Fugu rubripes, noto come pesce palla, presenta invece circa un decimo del genoma umano, pur avendo un numero di geni comparabile. La maggior differenza tra l'uomo ed il pesce palla, invece, sembra proprio essere la quantità di sequenze non codificanti. Questo enigma, noto come paradosso del C-value o, più correttamente, enigma del C-value (C-value si riferisce alla quantità di DNA contenuto nel nucleo di una cellula aploide), deve ancora essere risolto.